
In un pomeriggio di sole, in cui il mio morale era al centro della terra, il mio direttore editoriale mi ha portata da Feltrinelli e mi ha regalato un libro.
La dedica recita: “A Silvia, questo libro che l’aiuterà a capire gli uomini”.
Ora: al di là del fatto che bisogna vedere se basta un libro per capire il genere maschile (e dubito), ho passato un week end al parco ducale, stesa al sole a leggere questo “Tre camere a Manhattan”, cercando risposte che in questo periodo più che mai cerco.
L’autore è George Simeon, francese, e il romanzo è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 1946, nonostante sembri scritto da un qualche scrittore emergente che odio per motivi di pura invidia, lo ammetto.
Un uomo, François, esce di casa in piena notte, disturbato dai rumori che i vicini fanno nelle loro notti di folle amore; cammina da solo per le strade di New York, entra in un bar, e incontra una donna, non bellissima ma affascinante. Non si staccheranno più per giorni, dormiranno in hotel, facendo l’amore senza quasi conoscersi, e capendo che nonostante l’assurda situazione, non si possono più staccare uno dall’altra.
Nonostante i troppi puntini di sospensione, che a me non piacciono, e che difficilmente uso, la scrittura è scorrevole, le pagine si sfogliano con facilità, ed io sono stata presa da una voglia irrefrenabile di sapere come sarebbe andata a finire; sono rimasta incollata al libro fino a tarda notte. Non riescono a staccarsi uno dall’altra dicevo: folli gelosie da parte di lui, capendo che lei ha un passato vissuto, assurde fobie, momenti di rabbia. E il romanzo finisce bene (e a me non piacciono troppo gli happy end), nonostante lui, inevitabilmente, la tradisca.
Nei film e nei libri, quasi sempre l’uomo tradisce la donna. Proprio ieri sera, ho rivisto “Dazeroadieci”, di Luciano Ligabue. Rimpatriata a Rimini dopo vent’anni: Giove tradisce la moglie con la fidanzatina di allora. Ma è solo un esempio. E sono sicura che ognuno di voi ne ha uno in mente. Confessa il tradimento però, François, e lo fa con una frase che mi ha fatto letteralmente imbestialire: «Ti ho fatto del male, appena un poco e di sfuggita (…). Ti dico subito che non l’ho fatto apposta, ma semplicemente perché sono un uomo, e che potrebbe capitare ancora».
Bello, il libro. Ma la mia fiducia negli uomini, già bassissima, sta colando a picco.
La dedica recita: “A Silvia, questo libro che l’aiuterà a capire gli uomini”.
Ora: al di là del fatto che bisogna vedere se basta un libro per capire il genere maschile (e dubito), ho passato un week end al parco ducale, stesa al sole a leggere questo “Tre camere a Manhattan”, cercando risposte che in questo periodo più che mai cerco.
L’autore è George Simeon, francese, e il romanzo è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 1946, nonostante sembri scritto da un qualche scrittore emergente che odio per motivi di pura invidia, lo ammetto.
Un uomo, François, esce di casa in piena notte, disturbato dai rumori che i vicini fanno nelle loro notti di folle amore; cammina da solo per le strade di New York, entra in un bar, e incontra una donna, non bellissima ma affascinante. Non si staccheranno più per giorni, dormiranno in hotel, facendo l’amore senza quasi conoscersi, e capendo che nonostante l’assurda situazione, non si possono più staccare uno dall’altra.
Nonostante i troppi puntini di sospensione, che a me non piacciono, e che difficilmente uso, la scrittura è scorrevole, le pagine si sfogliano con facilità, ed io sono stata presa da una voglia irrefrenabile di sapere come sarebbe andata a finire; sono rimasta incollata al libro fino a tarda notte. Non riescono a staccarsi uno dall’altra dicevo: folli gelosie da parte di lui, capendo che lei ha un passato vissuto, assurde fobie, momenti di rabbia. E il romanzo finisce bene (e a me non piacciono troppo gli happy end), nonostante lui, inevitabilmente, la tradisca.
Nei film e nei libri, quasi sempre l’uomo tradisce la donna. Proprio ieri sera, ho rivisto “Dazeroadieci”, di Luciano Ligabue. Rimpatriata a Rimini dopo vent’anni: Giove tradisce la moglie con la fidanzatina di allora. Ma è solo un esempio. E sono sicura che ognuno di voi ne ha uno in mente. Confessa il tradimento però, François, e lo fa con una frase che mi ha fatto letteralmente imbestialire: «Ti ho fatto del male, appena un poco e di sfuggita (…). Ti dico subito che non l’ho fatto apposta, ma semplicemente perché sono un uomo, e che potrebbe capitare ancora».
Bello, il libro. Ma la mia fiducia negli uomini, già bassissima, sta colando a picco.